venerdì 26 settembre 2008

I poteri istruttori

L'amministrazione finanziaria
Con il termine amministrazione finanziaria si individua quel complesso di uffici in cui si articolava il Ministero delle finanze, oggi Ministero dell’Economie e delle Finanze, preposto all’acquisizione delle entrate pubbliche.
Esso ha grande rilievo nell’ambito della gestione del governo della cosa pubblica in quanto suo tramite si realizza uno dei momenti politici più significativi, cioè l’elaborazione della c.d. legge finanziaria, presentata in Parlamento assieme al bilancio di previsione con la quale si provvede ad adeguare la legislazione finanziaria agli obiettivi di politica economica che il governo si prefigge.Fino al 1991 il Ministero delle finanze era articolato in 10 direzioni generali distinte per materia. A livello regionale gli ispettorati comportamentali con funzione di coordinamento e controllo degli uffici periferici. A livello locale era articolata per materia, gli uffici distrettuali, delle imposte dirette, uffici provinciali IVA, uffici di registro, uffici del catasto.
Dopo la legge 358 del 1991, gli uffici non sono stati più articolati per materia, ma in base alle funzioni svolte, ma strutturato in ragione delle funzioni che ngli uffici erano chiamati a svolgere. In particolare, si distinguevano uffici centrali, uffici regionali ed uffici provinciali.
Gli uffici centrali venivano raggruppati in 3 dipartimenti: il dipartimento delle entrate, il dipartimento delle dogane, il dipartimento del territorio; la loro funzione si esprimeva nell’indirizzo e nel coordinamento degli uffici periferici.
Al dipartimento delle entrate erano attribuite tutte le competenze amministrative in materia di accertamento, riscossione e contenzioso per i tributi statali.
Il dipartimento delle dogane aveva competenza in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle imposte doganali.
Il dipartimento del territorio aveva competenza in materia di formazione, tenuta ed aggiornamento del catasto dei terreni e dei fabbricati, nonché amministrazione dei beni immobili dello Stato.
Agli uffici centrali si aggiungevano quelli a competenza regionale o pluriregionale; le direzioni regionali delle entrate, le direzioni compartimentali del territorio e le direzioni compartimentali delle dogane e delle imposte indirette. Si trattava di organi di programmazione, coordinamento, di indirizzo e di vigilanza rispetto al sistema degli uffici periferici. Questi uffici si basano essenzialmente sugli uffici delle entrate, uffici del territorio e sulle direzioni circoscrizionali delle entrate.
Un particolare rilievo acquistano gli uffici delle entrate ai quali era affidato, tra gli altri, il compito di procedere agli accertamenti in materia di imposte dirette ed indirette.Con la riforma generale dei ministeri del 1999, volta a ridisegnare le competenze e l’organizzazione interna; si è preceduti ad un accorpamento nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, dei Dicasteri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica nonché di quello delle Finanze preesistenti. All’interno di tale Ministero dell’Economia, è stato istituito il Dipartimento per le Politiche Fiscali. In particolare, il Capo del Dipartimento (UCD) svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo sugli uffici del Dipartimento garantendo l’unitarietà di azione nei confronti del Ministro, della Guardia di Finanza, delle Agenzie e dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. In tal modo si è realizzata una distinzione netta tra i compiti di indirizzo e controllo, che sono assegnati al Dipartimento per le Politiche Fiscali dell’Economia e delle Finanze e quelli operativ, affidati alle nuove agenzie fiscali (svolgono attività a carattere tecnico-operativo, con personalità giuridica di diritto pubblico). Le agenzie vanno pertanto a sostituire i precedenti Dipartimento delle Entrate, delle Dogane e del Territorio, svolgendo compiti relativi: accertamento e riscossione dei tributi; rapporti col contribuente; gestione del catasto e delle conservatorie; alle dogane; all’amministrazione del demanio.
Esistono altri soggetti ausiliari che consentono una efficace gestione del sistema tributario. In particolare si fa riferimento alla Guardia di Finanza ed al Servizio Consultivo e Ispettivo Tributario. Il corpo della guardia di finanza ha un ruolo primario nello svolgimento dei compiti di polizia tributaria. Ha attività di prevenzione, ricerca, denuncia delle evasioni e violazioni finanziarie e accertamento dei tributi che compete agli uffici finanziari. Tuttavia, le competenze della Guardia di Finanza sono limitate al rilievo e alla constatazione delle violazioni di carattere tributario; ma non si estendono agli atti di accertamento in senso tecnico o come strumento per l’irrogazione delle sanzioni relative, che competono esclusivamente agli uffici finanziari.
Il SECIT è stato chiamato a elaborare studi di politica economica e tributaria e di analisi fiscale nonché la vigilanza generale da parte del Ministro stesso.

I singoli poteri istruttori : ispezioni, perquisizioni e ricerche
L’introduzione dello statuto del contribuente ha dettato particolari disposizioni in relazione agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali che, in base al dettato normativo, devono essere effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.
Il loro svolgimento deve essere fatto nell’orario di esercizio delle attività, cercando di recare minor disagio possibile allo svolgimento delle stesse. La permanenza degli accertatori non potrà superare i 30 gg lavorativi; una proroga sarà possibile, ma solo per ulteriori 30 gg, nei casi di particolari complessità nell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.
Al momento dell’inizio della verifica, il contribuente dovrà essere informato:
  1. Delle ragioni della verifica e dell’oggetto;
  2. Della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinnanzi agli organi di giustizia ordinaria;
  3. Dei diritti e degli obblighi che gli sono riconosciuti in occasione della verifica.

Il processo verbale delle operazioni di verifica dovrà riportare le osservazioni e i rilievi del contribuente e del professionista che lo assiste.
Entro 60 gg dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli accertatori, il contribuente potrà comunicare osservazioni e richieste che saranno valutate dagli uffici impositori. Per un a migliore attuazione di tale principio, è prevista l’emanazione di un codice di comportamento volto a regolare le attività del personale addetto alle verifiche tributarie.
Sia in materia di IVA che di imposte dirette, gli uffici fiscali o la Guardia di Finanza può imporre al contribuente un facere (invito di comparizione), un dare (invito di esibire o trasmettere dati e notizie) o ancora un parti (accesso, ispezioni o perquisizioni).
Atteso il carattere unitario dei controlli e dell’accertamento, i poteri ispettivi sono esercitabili in maniera globale, ovvero tendono a rilevare la legittimità della situazione fiscale generale del soggetto inquisito. Tutti questi poteri sono volti a rilevare la legittimità della situazione fiscale dell’inquisito.
La potestà di accesso è costituita dall’ingresso d’autorità in un determinato luogo anche contro la volontà di chi avrebbe altrimenti diritto di impedirlo. Autorizzata dal capo dell’ufficio accertatore, può dispiegarsi per l’ingresso in locali adibiti ad azienda commerciale, industriale ed agricola, nonché in quelli destinati all’esercizio di attività professionali o artistiche.
Tale accesso potrà essere effettuato con la semplice esibizione dell’autorizzazione concessa dal capo dell’ufficio procedente. Però è necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica, qualora l’accesso debba essere eseguito in locali adibiti anche ad abitazione privata.Gli accessi diversi a quelli precedentemente elencati, devono essere sempre autorizzati dal procuratore della Repubblica, che deve però valutare l’esistenza di gravi e precisi indizi circa la sussistenza di violazioni, nonché le possibilità che all’interno dei locali in cui si accederà vi si convengano documenti, scritture ed altre prove delle stesse violazioni.
L’esercizio del potere di accesso a pertanto natura amministrativa e va ricompresso nell’ambito delle ispezioni e degli accertamenti per ragioni fiscali. È da ritenersi consentito nelle ore diurne (ore di normale attività).
In caso di opposizione all’accesso, l’ufficio fiscale può procedere coattivamente in virtù dei poteri ad esso conferiti dalla legge. L’opposizione, infatti, può costituire un tentativo dilatorio onde occultare, distruggere o trasferire documenti, registri che rivestono la natura di prove ovvero di indizi di evasione delle imposte.L’organo procedente ha l’obbligo di redigere un processo verbale sull’accesso. Del verbale va estratta copia, che il contribuente ha diritto di ricevere.
L’ispezione è finalizzata all’accertamento di regolarità della tenuta delle scritture contabili e della formazione del bilancio, e alla comparazione tra i risultati di quanto ivi esposto e quanto risulta dalla gestione finanziaria, allo scopo di determinare la quota reddituale imponibile ai fini delle imposte dirette e il giro di affari ai fini dell’IVA.
Le verificazioni, invece, sono costituite dai controlli e dai riscontri effettuati nell’ambito della documentazione extracontabile ed extraziendale riguardante merci, personale… Pertanto i controlli extracontabili e quelli contabili, opportunamente confrontati, rappresentano il metodo con il quale si giunge alla determinazione indiziaria del reddito fiscale.
La ricerca consiste nel rinvenimento di registri, documenti, scritture e libri e tale atto può essere come i precedenti eseguito coattivamente. La raccolta invece è una formale collaborazione con il contribuente che acconsente all’esibizione di quanto richiesto dai funzionari del fisco. Las ricerca è consentita in tutti i casi in cui si procede all’accesso; diversamente le perquisizioni personali e le aperture indifferibili di mobili, borse o plichi sigillati, devono essere espressamente autorizzate dal procuratore della Repubblica o dall’autorità giudiziaria più vicina.
Qualora il contribuente si rifiuti di esibire o sottragga all’ispezione degli organi accertatori, libri, registri e documenti richiesti, perde la facoltà di far valere a proprio favore, in giudizio o in sede amministrativa, quanto risulta dalle scritture medesime. La dichiarazione di non possedere le scritture richieste o la sottrazione fraudolenta delle stesse all’ispezione rappresenta una forma particolare di rifiuto a cui vanno peraltro collegate determinate conseguenze giuridiche in sede penale. Qualora il contribuente non tiene, o rifiuta l’esibizione o comunque sottrae all’ispezione uno o più libri contabili, l’ufficio può avvalersi di notizie e dati comunque raccolti legittimando nel contempo la quota reddituale così determinata, in virtù di semplici presunzioni, anche nel caso in cui non dovessero risultare gravi, precise e concordanti. Per la determinazione in via presuntiva dei redditi, occorre però che la sottrazione o il rifiuto del contribuente risulti dal processo verbale.
Il contribuente può pertanto essere obbligato all’esibizione o all’invio di atti, alla risposta a questionari appositamente predisposti, ovvero alla comparizione personale. L’invito a comparire personalmente fatto al contribuente essere debitamente motivato e deve riguardare l’acquisizione di dati e notizie inerenti l’accertamento del reddito fiscale. Delle richieste fatte al contribuente e delle risposte da esso date all’organo inquirente, dovrà farsi menzione in un apposito processo verbale.
In assenza o ad integrazione della dichiarazione la guardia di finanza e gli uffici finanziari possono richiedere al contribuente la compilazione di questionari appositamente elaborati, per ottenere direttamente, con la collaborazione dell’interessato, dati e notizie che non sono stati esposti analiticamente nella dichiarazione.
In ordine alla potestà ispettiva nei confronti di terzi, agli uffici fiscali vengono demandati ampi poteri ispettivi. Infatti, le pubbliche amministrazioni, enti pubblici, le società e gli enti di assicurazione, quelli che effettuano istituzionalmente la riscossione ed i pagamenti per conto terzi sono obbligati ad inviare agli uffici fiscali tutti i dati in loro possesso riguardanti singoli o categorie di contribuenti.
Gli uffici fiscali possono accedere nei locali dei predetti enti e società per poter rilevare direttamente tutti i dati e le notizie necessarie per l’accertamento fiscale relativo a singoli o categorie di contribuenti.
La potestà di perquisizione trova collocazione in ordine a una particolare forma restrittiva dell’altrui sfera di libertà personale. Tale atto coercitivo non è vincolato all’esistenza di gravi indizi di violazioni. Le perquisizioni personali richiedono l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Le aperture coattive attengono alla libertà personale e quella domiciliare, a seconda che la ricerca venga effettuata rispettivamente nella sfera di custodia che accompagna le persone oppure nell’altrui sfera domiciliare. L’autorizzazione può essere concessa dal procuratore della Repubblica o da altro organo giudiziario competente per territorio, il quale appunto perchè più vicino può emettere al più presto il provvedimento. Per richiesta di autorizzazione a eseguire le perquisizioni personali o aperture coattive, deve preliminarmente essere posto in essere l’accesso.
Riguardo la perquisizione domiciliare va rilevato che tale potestà non è esercitatile dalla polizia tributaria nella materia di argomento in quanto l’art. 33 limita l’ambito di applicabilità della disposizione a determinate leggi tributarie.

La capacità contributiva (2)

La capacità contributiva e il minimo vitale
Il principio di capacità contributiva attiene non solo alla forza o alla valenza economica espressa nel singolo tributo, ma anche riguardo l’attitudine soggettiva del singolo contribuente. Di qui la necessità di salvaguardare il c.d. minimo vitale che non può essere colpito da tassazione senza intaccare la stessa sopravvivenza del possessore.
Peraltro dal coordinato disposto di capacità contributiva di cui agli artt. 2, 3 e 36 Cost. deriva che non solo al cittadino deve essere assicurato il minimo vitale di sopravvivenza economica e altresì garantito un minimo di dignità e decoro personale e della famiglia nel contesto della società in cui vive e nel rispetto del principio della parità.
Ora nel nostro diritto positivo (TUIR) esiste una forma generalizzata di tutela delle manifestazioni minime di reddito delle varie categorie. Le deduzioni spettano secondo un calcolo che rapporta l’ammontare di 26.000 €, aumentato delle deduzioni e degli oneri deducibili e diminuito del reddito complessivo, con l’importo di 26.000 €. Se il predetto rapporto è > o = a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è 0 o minore di 0, la deduzione non compete; negli altri casi, si computano le prime 4 cifre decimali.
26000 + DED + ONERI DEDUCIBILI – REDDITO COMPLESSIVO
26000

La capacità contributiva come non può colpire il minimo vitale, segue anche un limite massimo di tassazione (plurima) onde evitare l’esaurimento della stessa capacità. Nel caso di plurime tassazioni vi è un profilo di illegittimità sotto l’aspetto dell’uguaglianza (art. 3 Cost.), per cui essa può consentirsi solo se giustificata da maggiore capacità o forza economica e comunque sempre nel rispetto dell’economia privata e della libera iniziativa economica e professionale.

Principio di progressività
A norma dell’art. 53 Cost. il sistema tributario è improntato a criteri di progressività. Si tratta di un principio cui il sistema deve rifarsi. Tale principio ha un contenuto pragmatico e di mera direttiva per il legislatore e diversamente da quanto esposto nel primo comma, non esprime alcun carattere precettivo o cogente.Il nostro sistema accanto ai numerosi tributi proporzionali (IRES, IVA) presenta solo alcune imposte progressive (IRPEF).
Pertanto la sua portata direttiva può considerarsi sostanzialmente assorbita dal principio di capacità contributiva. Al riguardo, va precisato che la struttura complessiva del sistema è solo virtualmente progressiva atteso che alle imposte strutturalmente progressive si voglia attribuire un valore caratterizzante l’intero sistema. Sostanzialmente però il nostro sistema impositivo è complessivamente a carattere non progressivo, salvo l’IRPEF con le sue attuali aliquote del 23%, 33%, 39% e 43%. Si auspica un’attuazione di una riforma che preveda come esigenza primaria l’abbattimento della pressione fiscale e di quella dell’IRPEF come prevede la riforma fiscale con spostamento dell’asse del prelievo dalle imposte sui redditi a quelle indirette.

La capacità contributiva

La nozione di capacità contributiva trae origine dall’art. 53 Cost. che recita: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributari è informato a criteri di progressività.
La capacità contributiva è vista come un’attitudine giuridico- economica alla contribuzione e in quanto tale il presupposto e la base imponibile sono caratterizzati da un contenuto economico; cioè sono suscettibili di una valutazione economica (ex. Non si possono tassare eventuali mode, fede religiose, ecc.).
Il dovere generale della collettività a partecipare alle spese pubbliche rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva.
La disposizione, collegandosi all’art. 2 Cost. (adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale), esprime più efficacemente ed esaustivamente il primario dovere di solidarietà della contribuzione. In particolare, la legge disciplina gli elementi essenziali dell’imposizione, nel rispetto dei principi di legalità, di capacità contributiva, di uguaglianza. La disposizione si collega anche all’art. 3 Cost. (dell’uguaglianza), poiché riguarda tutti coloro che in qualsiasi modo hanno rapporti con lo stato sotto il profilo tributario (principio di territorialità).
Oltre che col principio di solidarietà e con quello dell’uguaglianza che ne costituiscono essenziali corollari, la capacità contributiva va collegata con i principi costituzionali di legalità delle ispezioni fiscali, irrilevanza del carattere ecclesiastico e del fine religioso o di culto sotto il profilo fiscale, col diritto di difesa.
La capacità contributiva rappresenta sia un limite che una garanzia:

  1. Una garanzia rispetto al singolo e a tutela ad esso. Esso costituisce un criterio fondamentale per l’interpretazione e l’applicazione della norma tributaria
  2. Un limite verso il legislatore, nel senso di vietare i tributi che non si basano sulla capacità contributiva. Tale limiti presenta 2 aspetti: uno di carattere assoluto (attinente la forza o potenzialità economica quale requisito di qualsiasi forma di tassazione) a carattere relativo nel senso di giustificare diverse forme di contribuzione in relazione a diverse capacità contributive.
    In ordine al limite assoluto, più che riferirsi alla capacità effettiva di pagare mira a garantire che ogni prelievo abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza dai quali sia razionalmente deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione d’imposta.
L'ambito di applicazione
Secondo la corte costituzionale l’art. 53 si applica alle sole imposte alle quali competerebbe il requisito solidaristico del concorso in base alla tradizionale distinzione tra tributi finalizzati alla copertura di costi di servizi pubblici indivisibili e tributi il cui costo di servizi sarebbe divisibile. Rientrano nelle imposte i contributi causa ricchezza mentre sono escluse le prestazioni a carattere sanzionatorio per l’assenza del requisito solidaristico.L’estensione dell’applicazione dell’art. 53 Cost. a tutti i tributi è giustificata dal fatto che le imposte e le tasse sono caratterizzate da coattività espressa dalle fattispecie impositive a prescindere dalla partecipazione della volontà del privato.
Sono escluse dalla capacità contributiva le prestazioni sanzionatorie perché svolgono funzione di prevenzione o repressione di comportamenti illegali.Per quanto attiene alle agevolazioni ed esenzioni, in linea di principio di capacità contributiva non sarebbero ammissibili fatta eccezione per i casi di necessario o opportuno adeguamento o rispetto di altre norme costituzionali o altri principi dell’ordinamento che ne giustificherebbero la deroga.

Effettività ed attualità
La giurisprudenza costituzionale definisce la capacità contributiva come la idoneità del contribuente a corrispondere la prestazione coattiva imposta, posta in relazione col presupposto al quale la prestazione stessa è collegata.
Il requisito di effettività esprime proprio la concreta idoneità del presupposto rispetto all’obbligazione di imposta; quest’ultimo dovrà avere ad oggetto una manifestazione economica reale che consenta la misurazione di un reddito esistente e non meramente presunto.Se c’è un incremento monetario (incidente la caratteristica dell’effettività) derivante da fenomeni inflazionistici, tale incremento di ripercuote sia sull’imposizione progressiva che su quella ad aliquota fissa: entrambe risultano essere più alte causando un maggiore onere fiscale.
All’esistenza in concreto della capacità contributiva (effettività), va coniugato il profilo della temporalità (attualità) della stessa. La capacità contributiva deve esistere nel momento in cui si verifica il prelievo.
Il requisito dell’attualità andrà verificato particolarmente in relazione: 1) ai tributi retroattivi e 2) ai prelievi anticipati d’imposta.
Per quanto riguarda i tributi retroattivi, non esiste alcuna regola costituzionale che ne vieti la retroattività; tuttavia poiché la capacità contributiva deve intendersi come l’idoneità del contribuente a corrispondere la prestazione coattivamente imposta.
A confronto a tale approccio interpretativo, l’art. 3 della L. 212/00 fissa alcuni principi fondamentali:
  1. Le disposizione tributarie non hanno effetto retroattivo
  2. Con riferimento ai tributi periodicile modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore.
  3. Non si possono prevedere adempimenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al 60esimo giorno dalla data di entrata in vigore.
  4. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

Se quindi il legislatore prendesse a riferimento un presupposto d’imposta effettivamente espressivo di forza economica e quindi di capacità contributiva, ma lo si sottoponesse ad imposizione a distanza di tempo eccessiva rispetto al prodursi della capacità reddituale dello stesso, dovrebbe ritenersi spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità contributiva.
Riguardo i prelievi anticipati d’imposta (ex. acconti IRPEF), essi rispondono all’esigenza di avvicinare il momento di produzione del reddito con il momento di pagamento della relativa imposta. A tal fine però si deve presumere che il reddito denunciato dal contribuente possa riprodursi almeno nella stessa misura.
Il prelievo anticipato non nega il principio di capacità contributiva sotto il profilo dell’attualità, se l’imposizione è sufficientemente vicina al prodursi del reddito, se è consentita al contribuente la prova contraria e/o comunque previsto un meccanismo finale di conguaglio rispetto al quantum d’imposta anticipato


La riserva di legge (2)

La riserva relativa di legge
La natura delle riserva di legge viene massimamente considerata a carattere relativo e non assoluto, atteso anche il tenore letterale della formula in base alla legge volutamente diversa da quella per legge inizialmente proposta dal legislatore costituente.
Pertanto come la legge non può essere assolutamente indeterminata con semplice enunciazione del titolo di imposizione, così non deve disciplinare interamente un tributo, ma prevedere almeno gli elementi essenziali che ne delineino la disciplina fondamentale rinviando per il restante ad atti normativi secondari ai fini di una compiuta integrazione.
Il principio della legalità oltre che riguardare di regola la disciplina sostanziale del tributo espressa nei suoi elementi essenziali, può estendersi talvolta anche a taluni aspetti procedimentali come l’esercizio dei poteri ispettivi nella sfera di libertà personale e domiciliare del cittadino, l’accertamento induttivo. Tale specifica attività accertativi, incidendo su presupposto e base imponibile, serve alla determinazione del prelievo con ciò richiedendo il rispetto del requisito di stretta legalità al pari degli elementi essenziali e sostanziali del tributo.
Sono di regola considerati da dottrina e giurisprudenza elementi essenziali il presupposto impositivo, i soggetti passivi del tributo, la base imponibile e l’aliquota.
In particolare il presupposto e i soggetti passivi vanno sempre disciplinati con sufficiente articolazione dalla legge. Infatti, la corte costituzionale ha individuato il criterio della sufficienza nella determinazione della base legislativa per evitare che la discrezionalità tecnica nei limiti nei quali è ammesso il potere normativo secondario.
Il criterio dei limiti massimi, unitamente a quello di controllo ed a quello del fabbisogno finanziario, è servito alla corte per circoscrivere i poteri discrezionali della pubblica amministrazione in ordine all’aliquota.

Atti di integrazione alla legge
Fonti di produzione (secondaria) integrativa in materia tributaria sono i regolamenti di organi centrali statali e di enti territoriali. Nel rispetto della gerarchia delle fonti e nei limiti della riserva di legge, essi possono integrare senza contrastare con le leggi, pena l’annullamento da parte del giudice amministrativo o la disapplicazione da parte di quello tributario; diversamente dai decreti legge e decreti legislativi, proprio in forza della loro natura ed efficacia, non ammettono il giudizio di legittimità costituzionale.

Riserva di legge e potestà impositiva

La libertà personale e quelle del domicilio vengono solennemente affermate negli artt. 13 e 14 Cost. e la loro tutela è affidata alla legge che ne deve fissare i limiti al concreto esercizio di essi (riserva assoluta di legge).
Solo l’autorità giudiziaria può con atto motivato porre in concreto le limitazioni all’esercizio dei diritti di entrambe le libertà (riserva di giurisdizione) , mentre l’intervento dell’autorità amministrativa viene sempre posto in termine di eccezione quando vi siano ragioni particolari (eccezionali) di necessità ed urgenza che possano non consentire l’intervento immediato o tempestivo dell’autorità giudiziaria.
A questa sistematica si è sostanzialmente ispirato il legislatore in applicazione della disciplina degli artt. 13 e 14 Cost., come pure a questa interpretazione si è sempre attenuta la corte costituzionale quando è stata richiamata a pronunciarsi sulla legittimità delle previsioni legislative in relazione alla tutela costituzionale posta sulla libertà personale e domiciliare.
In particolare, gli atti ispettivi incidono nella sfera di libertà personale e in quella dell’intimità del domicilio, entrambe costituenti diritti inviolabili.
I principi fondamentali riguardano qualsiasi forma restrittiva della persona fisicamente intesa, come la detenzione, l’ispezione, la perquisizione, l’interrogatorio e il fermo, consentiti nei casi e nei modi espressamente previsti dalla legge e solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria.
I principi fondamentali di tutela dell’inviolabilità del domicilio sono sanciti dall’art. 14 Cost. che recepisce per espresso richiamo la normativa dell’art. 13. la tutela qui attiene in particolare all’ispezione, perquisizione o sequestro che sono autorizzati nei casi e modi tassativamente indicati dall’autorità giudiziaria.
I principi costituzionali esprimono una diversa tutela a distinta a seconda della natura dell’atto. Per le perquisizioni essa è completa, perché estesa alla riserva di giurisdizione, per le ispezioni è incentrata essenzialmente sulla riserva di legge, che è comune anche alle perquisizioni.
La legge che per effetto della riserva è fonte primaria e unica di tutta l’attività ispettiva, si pone come diretta tutela per l’attività ispettiva che incide sui diritti fondamentali, secondo il dettato costituzionale che ne prevede l’autorizzazione normativa in casi eccezionali di necessità ed urgenza o a fini economici o fiscali a norma rispettivamente degli artt. 13 e 14 Cost.
Per gli altri poteri ispettivi, esse rientrano nell’attività funzione dell’organo che agisce e trovano sempre giustificazione legislativa nella istituzione e attribuzione di funzione dell’organo stesso.
La funzione ispettiva consente infatti, il puntuale esercizio di tali poteri non incidenti particolarmente nella sfera di libertà dei cittadini.


Accertamenti e Ispezioni

La carta costituzionale ha riservato una tutela piena (comprensiva cioè della riserva di legge e di giurisdizione), per gli accertamenti e ispezioni di cui all’art. 14, atti di natura essenzialmente conoscitiva, la tutela apprestata è stata ancorata al rispetto del solo principio di legalità.
Pertanto le ispezioni e le ricerche domiciliari non necessitano di alcuna autorizzazione o convalida dell’autorità giudiziaria; pena l’incostituzionalità della stessa norma che ne preveda l’esercizio.
Il termine accertamenti va correttamente inteso in senso tecnico come accertamento di rettifica o accertamento di ufficio.
La legislazione applicativa in materia di imposte sui redditi e di IVA è coerente con l’impianto e sistematica costituzionale; infatti, nel titolo IV accertamento e controllo, il termine accertamento è ben distinto da quello di controllo (inteso nel senso di ispezioni).
Il momento essenziale del controllo deve individuarsi nell’ispezione che ha lo scopo di accertare la regolarità formale del bilancio e della scritture contabili nonché la verifica dell’esatta corrispondenza fra quanto ivi esposto e i risultati di gestione.
Un particolare rilievo sotto il profilo costituzionale rivestono anche l’accesso e la ricerca: il primo consiste nell’ingresso e nella permanenza d’autorità anche contro la volontà di chi avrebbe altrimenti il potere di impedirlo; la seconda consiste nel materia di reperimento di libri, documenti, scritture e viene esercitata laddove è consentito l’accesso. La loro regolamentazione deve avvenire per leggi speciali essendo rilevata la natura amministrativa.




La riserva di legge

Ratio dell'art.23
L’art. 23 Cost. segna un’accentuazione del principio di legalità e della sua funzione garantistica rispetto al principio del consenso (all’autoimposizione) espresso nell’art. 30 dello Statuto Albertino.

Di contro, il principio della legalità fissato dall’art. 23 Cost. secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, contiene una funzione di garanzia e di tutela della libertà e proprietà dei cittadini e rappresenta altresì un limite alla produzione giuridica dell’attività statuale in campi essenziali come quello tributario.

Le prestazioni imposte
La sfera di applicazione (ambito oggettivo) della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. non si esaurisce nelle prestazioni tributarie (com’era previsto dallo Statuto Albertino), ma si estende a tutte le prestazioni imposte, ossia alle prestazioni coattive richieste, senza il concorso della volontà del privato. Tali prestazioni sono dovute in base alla legge, cioè per determinazione autoritativa della legge.

La nozione di prestazioni imposte riguarda non solo i tributi (in senso stretto) ma anche tutte quelle prestazioni che, pur operando in assetto, prevedono il depauperamento del privato attraverso una disciplina non commutativa bensì autoritativa.

Requisito comune di tutte le prestazioni imposte è la coattività, ossia la previsione di una disciplina autoritativa delle prestazioni che determina la decurtazione patrimoniale del privato. C’è coattività quando la disciplina delle prestazioni è determinata dalla legge.

Pertanto rientrano tra le prestazioni imposte di cui all’art. 23 Cost. oltre che le imposte, tasse, contributi e monopoli fiscali, le altre prestazioni che la Corte considera a carattere tributario come i canoni di abbonamento radiotelevisivo, i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, i sovracanoni da derivazioni idroelettriche.

L’art. 23 prevede sia le prestazioni patrimoniali, nelle quali rientrano quelle a carattere tributario, che quelle personali. Quest’ultime consistono in attività fisiche o intellettuali come il servizio militare, il gratuito patrocinio degli avvocati, le prestazioni dei periti dell’attività giudiziaria. Le prestazioni patrimoniali imposte, invece, si distinguono per la decurtazione o depauperamento del patrimonio del privato che coattivamente comportano (tributi in senso stretto).

Dottrina e corte costituzionale includono nella categoria in esame anche le sanzioni in quanto queste comportano un depauperamento coattivo del patrimonio del privato anche se presentano un’ulteriore garanzia sancita dall’art. 25 Cost.

Rientrano altresì tra le prestazioni imposte il gioco del lotto, lo sconto obbligatorio sui medicinali, i canoni telefonici, il prestito forzoso e le consegne esemplari d’obbligo e le biblioteche. Non rientrano invece, l’espropriazione per pubblica utilità per mancanza del requisito del depauperamento del patrimonio per via dell’indennizzo pagato.

Atti normativi

Tra gli atti normativi che si considerano legge ai sensi dell’art. 23 Cost., è concordemente ricompressa la legge ordinaria ossia quella in senso formale. Si intende per legge altresì il decreto legge ed il decreto legislativo aventi valore ed efficacia di legge formale

Il decreto legislativo (art. 76 Cost.) è l’atto normativo per eccellenza in materia tributaria atteso il forte tecnicismo della stessa. Il decreto legge (art. 77 Cost.) invece, previsto solo in casi di emergenza, è usato spesso per la sua tempestività nel procurare risorse finanziarie. Esso deve essere convertito in legge entro 60 gg dalle Camere; in mancanza perde efficacia ex tunc. Il legislatore ha in linea di principio vietato l’utilizzo del decreto legge in materia tributaria per l’istituzione di nuovi tributi.

Si considerano legge anche le leggi delle regioni di entrambe le forme statutarie e quelle delle province autonome (Trento e Bolzano). In ordine ai regolamenti della CEE vi potrebbero essere profili di conflittualità con l’art. 23 Cost. in quanto in esso non previsti. Ma a seguito della sentenza del 1984 si è affermato il principio della prevalenza del diritto comunitario su quello interno.



I regolamenti e le direttive

La necessità dell’armonizzazione dei sistemi fiscali viene perseguita attraverso fonti di produzione normativa comunitaria specifiche. In tal senso, si ritiene che il diritto dell’Unione Europea costituisca un vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, separata da quello degli altri stati membri e che già le disposizioni contenuti nel Trattato istitutivo della CE sono fonti primarie del diritto comunitario.

Esistono inoltre fonti che potremmo definire derivate. In particolare, il regolamento ha portata generale, esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Per quanto riguarda, invece, le direttive, va rammentato che si tratta di atti normativi indirizzati agli stati membri, per mezzo dei quali si intende rendere omogenee le legislazioni dei diversi paesi.

Proprio la diretta efficacia prevista per i regolamenti legislativi dei singoli Stati membri, con capacità innovativa degli stessi comporta che essi producano effetti immediati in ciascuno stato e la loro violazione comporta una tutela immediata innanzi al giudice nazionale.

Le direttive comportano invece un obbligo di adeguamento della legislazione nazionale, attraverso atti normativi interni di recepimento. L’importanza di tale fonte del diritto, è di tutto rilievo in materia di IVA con la direttiva 77/388 del 1977, successivamente modificata e integrata con la direttiva 91/680 che elimina il controllo fisico delle merci alle frontiere e introduce il regime transitorio degli scambi intracomunitari e la direttiva 92/77 che dispone in merito ad una maggiore uniformità tra le aliquote applicate.

Con il decreto legge 331/93 convertito in legge 427/93, il legislatore italiano ha recepito le richiamate direttive ed in particolare introducendo il regime transitorio dell’IVA comunitaria che dovrebbe portare al regime definitivo basato sul principio della tassazione IVA non più nel paese di destinazione del bene, bensì in quello di origine.

Riguardo la garanzia del recepimento negli stati membri si hanno 2 diverse ipotesi:

la prima si verifica quando le direttive contengono in prescrizioni incondizionate, sono puntualmente determinate in tutti gli elementi, ma non sono state recepite nei termini stabiliti. Si ha così la diretta applicabilità anche all’ordinamento interno (direttive self-executing).

la seconda ipotesi si verifica quando le direttive recepite non hanno i caratteri sopramenzionati, in tale eventualità si ravvisa una responsabilità degli stati inadempienti nei confronti dei singoli che abbiano avuto danno alla mancata attuazione.

Si può verificare che in caso di conflitto tra una disposizione comunitaria direttamente applicabile e una norma interna con essa incompatibile, secondo la sentenza del 1975, la Corte Costituzionale affermava per la prima volta la prevalenza del diritto comunitario su quello interno, in base alla considerazione che vi fosse un trasferimento di competenza a favore degli organi comunitari conforme all’art. 11 Cost.

Nell’1984 la Corte Costituzionale afferma la prevalenza del diritto comunitario su quello interno, sostenendo essere sufficiente la disapplicazione della norma interna incompatibile da parte del giudice ordinario.

Di contro la Corte di Giustizia accoglie la concezione monista secondo la quale la norma comunitaria direttamente applicabile entra a far parte dell’ordinamento giuridico degli stati membri e lo integra prevalendo sulle norme interne in quanto ritenuto di rango superiore; di conseguenza non è possibile che l’ordinamento interno possa produrre norme incompatibili o confliggenti con quelle comunitarie.

L’art. 10 prevede che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme internazionali generalmente conosciute. Di contro, l’art. 11 prevede che l’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.

Più appropriato è parso il riferimento all’art. 11 Cost. ritenendosi la corrispondenza tra il richiamato precetto costituzionale e le finalità ed i principi ispiratori delle CE. Tale prevalenza di ordinamento, allo stato potrebbe comunque trovare un limite nei principi fondamentali, come tali inderogabili, dalla Costituzione Italiana

L'armonizzazione dei sistemi fiscali

Tra le fonti produttive di norme in materia tributaria, devono essere ormai considerate anche le fonti comunitarie. Tale considerazione nasce dall’analisi dello stesso sistema fiscale italiano così come integrato con il sistema fiscale dell’ordinamento comunitario e trova una diretta conferma legislativa nell’art. 2 della L. 80 del 2003 secondo il quale le norme fiscali si adeguano ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e non pregiudicano l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia.

Si discute in dottrina se le Comunità Europee possano essere considerate alla stregua di ordinarie organizzazioni internazionali o se invece possano considerarsi la base di uno stato federale. La Corte di Giustizia europea con sentenza del 1963 ha individuato nell’ordinamento comunitario come un ordinamento di nuovo genere, caratterizzato dal fatto di riconoscere quali soggetti non solo gli stati membri ma anche i loro cittadini.

Vanno evidenziate le particolari caratteristiche di indipendenza degli organi istituzionali comunitari rispetto ai governi nazionali e la possibilità di adottare decisioni applicabili direttamente nei confronti sia degli Stati membri che dei loro cittadini.

In ordine alle finalità, l’Unione si prefigge la promozione del progresso economico e sociale equilibrato, mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria attraverso la moneta unica, nonché una politica di difesa comune (PESC) e creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone.

Attesa la primaria importanza proprio dei profili di armonizzazione dei sistemi fiscali, occorre sottolineare che le disposizioni del Trattato istitutivo della Comunità europea che si occupano espressamente di tematiche fiscali sono poche. Si deve far riferimento in particolare agli artt. 90, 91, 92 e 93.

  1. L’art. 90 vieta agli Stati membri di applicare, direttamente o indirettamente, ai prodotti provenienti da altri stati membri, una imposizione maggiore di quella che viene applicata ai prodotti nazionali similari.
  2. L’art. 91 vieta l’agevolazione delle esportazioni in altri stati membri, vieta cioè di consentire per i prodotti esportati nel territorio di uno degli Stati membri, benefici consistenti nel ritorno di imposizioni interne, superiore a quelle ad essi applicate direttamente o indirettamente.
  3. L’art. 93 prevede espressamente che il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, su delibera adotta le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni relative all’imposta sulla cifra di affari, alle imposte di consumo ed ad altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per instaurare e frazionare il mercato interno.

Manca una eguale attenzione alle tematiche relative le imposte dirette: segno evidente della diffidenza degli Stati membri a cedere questo settore della propria sovranità. L’unico riferimento di un certo rilievo alla fiscalità diretta è rivenibile nell’art. 293 del Trattato CE; tale disposizione sollecita una negoziazione tra Stati al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione fiscale con riferimento ai cittadini della Comunità. In questa disposizione si è rilevato come vanga confermata l’intangibilità della disciplina fiscale in materia di imposte dirette essendo sancito che l’unico potere in merito alla Comunità sarebbe quello di sollecitare accordi degli Stati membri, ma non di poter intervenire a disciplinare autoritativamente il settore.

L’art. 94 recita: il Consiglio stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. Infatti, l’autonomia degli Stati in materia di imposte dirette potrebbe essere un ostacolo rilevante proprio nell’attuazione del mercato unico. In tale disposizione si può arrivare ad affermare la legittimazione della Comunità ad intervenire legislativamente anche in materia di imposte dirette.

Si tratta del c.d. principio della sussidiarietà, secondo il quale laddove non sia prevista una specifica ed esclusiva potestà normativa degli organi legislativi comunitari, questi possano intervenire solo laddove questo si renda necessario per raggiungere gli scopi stabiliti nel Trattato.

sabato 20 settembre 2008

Le leggi regionali

L’autonomia finanziaria costituisce una condizione essenziale perché si possa effettivamente realizzare la riconosciuta autonomia politica degli enti Regione.
Per poter seguire un indirizzo politico regionale autonomo, la Regione deve poter disporre di mezzi sufficienti alla sua realizzazione e questo deve concretizzarsi almeno in appropriate fonti di entrata e autonoma indicazione dei criteri di spesa.
Dall’analisi del testo normativo si rilevava non essere necessario che nel concetto di autonomia finanziaria debba riconoscersi anche il potere di istituire tributi.
Invece, sotto un’altra linea interpretativa doveva riconoscersi anche una potestà autonoma di imporre tributi.
L’at. 119 propende per questa seconda impostazione dichiarando che alle Regioni fossero attribuite non solo quote di tributi erariali, bensì anche tributi propri. Confermato dall’art. 5 riguardo l’autonomia.
Riguardo all’art. 117 Cost. si dice che spetta alle Regioni la potestà legislativa residuale, relativa cioè ad ogni materia espressamente non riservata allo stato.
Spetta allo Stato la legislazione esclusiva in materia tributaria e doganale; costituisce materia legislativa concorrente quella del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, in tali materie spetta alle Regioni l’attività legislativa, salvo che nella determinazione dei principi fondamentali di spettanza dello Stato.
In ordine ai Comuni, le Province e Città Metropolitane, essi hanno potestà regolamentare relativamente all’organizzazione e svolgimento delle funzioni loro attribuite. Esse dispongono di risorse autonome e di compartecipazione al gettito dei tributi erariali relativi al loro territorio.
L’art. 119 modificato, attribuisce la potestà tributaria da esplicarsi nelle forme e limiti della legge statale e regionale secondo principi di coordinamento da essi stabiliti. L’art. 120 Cost. da il divieto di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle perone e delle cose nell’ambito dei loro territori ed il divieto di imporre dazi di importazione o esportazione o di transitorio tra le stesse.

I regolamenti

Si tratta di fonti di produzione delle norme fiscali. Non possono infatti in nessun modo modificare leggi o atti aventi forza di legge. La disciplina di tale fonte del diritto, fondamentalmente risale alla legge 400 del 1988.

In base ad essa si può distinguere fra:

  • Regolamenti di esecuzione, cioè quelli che sono adottabili da parte del Governo laddove una disciplina legislativa di fonte primaria, espressamente disponga della necessità di tale integrazione ai fini della sua applicabilità.
  • Regolamenti di attuazione e integrazione, previsti per attuare e integrare leggi e decreti legislativi recanti norme di principio.
  • Regolamenti indipendenti (o autonomi), che possono essere adottati laddove manchi una disciplina legislativa e la materia non sia ad essa sola riservata.
  • Regolamenti di organizzazione, concernenti la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.
  • Regolamenti delegati, atti privi di forza di legge ma che possono derogare alle leggi.

La legge 400/1988 limita l’ambito del potere del governo di emanare regolamenti alle materie non coperte da riserva assoluta di legge e ne subordina l’esercizio ad una specifica legge di autorizzazione, la quale deve:

  1. Determinare le norme generali regolatrici della materia per la quale si prevedono i regolamenti delegati
  2. Disporre l’abrogazione delle norme in vigore a far data dall’entrata in vigore ndelle norme regolamentari

Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di altre autorità sott’ordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere.

Gli atti amministrativi generali, a differenza dei regolamenti ministeriali, non hanno la capacità di innovare l’ordinamento giuridico e, pur essendo riferibili alla generalità dei soggetti sono privi dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, che si riscontrano nei regolamenti.

Ai fini tributari, rilevano essenzialmente le circolari amministrative quali atti di interpretazione e di disposizioni tributarie, emessi dall’amministrazione centrale al fine di istruire e rendere uniforme l’atteggiamento degli uffici periferici all’applicazione delle stesse.

Le convenzioni contro le doppie imposizioni

Le convenzioni sono delle fonti di diritto di matrice internazionalistica costituenti una species particolare delle convenzioni di diritto internazionale pubblico. La natura giuridica delle convenzioni internazionale ha un carattere misto : da un lato rappresentano un istituto di matrice privatistica simile a quello dei contratti e dall'altro sono considerati come atti giuridici di natura pubblica, disciplinando i raopporti tra gli stati, tanto che fanno parte delle fonti del diritto. Le convenzioni a differenza dei contratti, non sono espressione dell'autonomia privata, ma della sovranità degli Stati. I contratti privatistici e le convenzioni rispecchiano la comune matrice volontaristica, ma l'elemento che li discosta è il loro contenuto, il quale mentre per i primi i soggetti si fanno portatori di interessi diversi e contrapposti, le convenzioni internazionali sono portatrici di interessi comuni al fine della stipulazione dell'accordo.
Possiamo distinguere diverse tipologie di convenzioni internazionali :
Convenzioni per eliminare la doppia imposizione, che esprimono l'esigenza di delimitare la potestà impositiva dei singoli stati o meglio eliminare il fenomeno della doppia imposizione internazionale che può verificarsi a carico di uno stesso contribuente in relazione al medesimo reddito o cespite patrimoniale. La quasi totalità delle convenzioni hanno il carattere della bilateralità, mentre sono rare le convenzioni plurilaterali. Le convenzioni internazionali sono redatte sulla scorta del Modello di convenzione elaborato dall OECD.
Convenzioni bilaterali di scambio di informazioni e di assistenza fra le Amministrazioni finanziarie in tema di accertamento e di riscossione, mentre il primo tipo di convenzioni incidono sulla disciplina delle singole fattispecie, questa seconda tipologia è diretta a favorire la collaborazione tra gli organi statali per verifiche fiscali o l'acquisizione di informazioni in possesso dell'altro Stato relativo a soggetti o cose che si trovino sul territorio di tale Stato. Esse si propongono di risolvere il problema dei limiti della sovranità degli Stati in materia di accertamento e riscossione; anche se non sono ancora riuscite a risolvere il problema dei "paradisi fiscali".
Trattati di cooperazione commerciale, convenzioni stipulati dagli Stati per regolare le reciproche relazioni commerciali in sede internazionale dirette ad agevolare ove possibile le operazioni di imposrt-export e gli investimenti internazionali, mediante la soppressione di dazi doganali o altre forme di imposizione.
Trattati in materia doganale, con i quali sono stati istituiti zone di libero scambio, in qui i prodotti circolano senza essere gravati da dazi o altri diritti doganali.

Il procedimento di formazione delle convenzioni internazionali coincide con il normale procedimento di conclusione di tutti i trattati. Esso si articola in una prima fase di negoziazione della della convenzione da parte dei rappresentanti degli stati interessati, ad essa sussegue la formazione del testo finale, che è poi l'oggetto della convenzione bilaterale la quale dovrà essere autorizzata, in un'altra fase, alla ratifica (competenza del capo dello Stato). La quarta fase è quella della ratifica della convenzione, che consiste in un atto solenne di approvazione del testo della convenzione da parte dello Stato ratificante, dopodichè avverrà la vera e propria stipulazione della convenzione. Una volta stipulata la convenzione e la relativa legge di ratifica dovranno essere pubblicate nelle forme previste da ciascuno ordinamento giuridico.

Possono nascere delle controversie fra gli Stati a seguito della stipulazione delle convenzioni contro la doppia imposizione internazionale, ad esempio nel caso in cui un singolo contribuente, nonostante l'operatività della convenzione, sia rimasto assoggettato ad una doppia imposizione. LE convenzioni bilaterali, pertanto, prevedono come strumento di risoluzione il ricorso ad un'apposita procedura amichevole che può essere attivata anche dal contribuente. Il quale può rivolgersi all'autorità competente nel proprio Stato sottoponendo alla sua attenzione il caso concreto perchè possa adottare misure riparatorie. Lo Stato non offre al contribuente una garanzia di risoluzione, poiche la discrezionalità è rimessa agli stati contraenti.

Un'altra vcenda che può accadere è un'applicazione strumentale e distorta delle norme convenzionaliper effetto di operazioni economiche effettuate dai contribuenti allo scopo di usufruire di benefici fiscali. In tal caso si parla di abuso delle convenzioni contro la doppia imposizione internazionale o di treaty shopping, per alludere a tutte quelle operazioni che si concretizzano all'interno di uno dei paesi che ha stipulato la convenzione. Esse vengono definite conduit companies, soggetti terzi che risiedono in un paese non firmatario della convenzione al fine apparente di far beneficiare tali società dei vantaggi che derivano dalla convenzione ma con il fine reale di trasferire tali benefici alle stesse società in qualità di beneficiari effettivi dell'operazione. Possiamo sintetizzarlo sotto l'istituto dell'interposizione fittizia di persona, per far si che i vantaggi si producano sul soggetto interposto.
Gli strumenti per contrastare il treaty shopping , mediante apposite clausole inserite nelle convenzioni sono :
Il criterio del beneficiario effettivo, criterio più consueto nelle convenzioni contro le doppie imposizioni e consiste da parte dell'amministrazione finanziaria dello Stato in cui ha agito la conduit company nel disconoscere i vantaggi fiscali che derivano dall'applicazione abusiva della convenzione, quando viene accertato che essa non coincide con il beneficiario effettivo del reddito da essa prodotto.
Il criterio della limitazione dei benefici convenzionali, più utilizzata nelle convenzioni degli Usa,restringe il campo di applicazione della convenzione soltanto ai soggetti che siano in possesso di determinati requisiti. Nel caos di esito negativo si dichiarerà l'inapplicabilità della convenzione
e dei benefici che ne derivano.

Rule shopping, simile al treaty shopping, insieme di quelle operazioni anomale secondo la prassi comune commerciale ma legittime secondo la normativa fiscale dei singoli stati, utilizzate al fine di consentire l'applicazione di determinati regimi fiscali favorevoli.

venerdì 19 settembre 2008

Decreti legge e decreti legislativi

Le leggi ordinarie sono gli atti normativi emanati dal Parlamento e promulgati del Presidente delle repubblica ai sensi e secondo gli artt 71 e 74 della costituzione; per atti avente forza di legge si intendono invece i decreti legislativi e i decreti legge.
Per quanto riguarda i decreti legislativi è il Parlamento che delega il Governo ad emanare questi atti. Nel conferire la delega legislativa a favore del governo, il parlamento deve definirne l’oggetto e fissare il termine per il suo esercizio.
I decreti legge sono previsti invece dalla normativa costituzionale solo in casi di particolare necessità e urgenza. Si tratta di uno strumento normativo dalla provvisoria efficacia di legge, di competenza governativa, i quali devono essere presentati alla camere lo stesso giorno della loro emanazione al fine di essere convertiti in legge, eventualmente con le modifiche opportune.
Nel caso in cui non sia convertito entro 60 gg dalla sua emanazione, il decreto legge perde efficacia fin dall’origine, ma nel frattempo è vigente e svolge i suoi effetti sui rapporti giuridici in corso.
I decreti legge possono essere convertiti anche solo parzialmente e con modificazioni e hanno trovato in materia tributaria ampia applicazione, particolarmente per il fatto di porre in grado il Governo di intervenire in particolari situazioni e settori economici, con l’immediatezza necessaria per evitare operazioni discorsive o illecite da parte dei soggetti interessati, ma anche per far fronte a situazioni di emergenza

Lo Statuto del contribuente e la riforma del sistema tributario


Lo statuto del contribuente, approvato con legge 212 del 2000, contiene i principi generali dell’ordinamento tributario, del contribuente in attuazione dei principi costituzionali di solidarietà, democraticità e trasparenza del prelievo fiscale.
Tale carta dei diritti del contribuente prevede un insieme di disposizioni volte a tutela e nell’interesse dei cittadini nei confronti del fisco. A tal fine lo Statuto contiene innanzitutto un gruppo di norme specificamente finalizzate alla tutela dei cittadini nei confronti del Fisco e volte ad assicurare al nostro ordinamento maggiore stabilità, chiarezza e conoscenza.
Sono inoltre previste norme sulla redazione di leggi fiscali per attenuare la notevole complessità e incertezza determinata da una produzione eccessiva, caotica e frammentaria.
Sono anche contemplate le disposizioni relative a diritti e garanzie del contribuente in materia di accertamento e riscossione, ed in particolare relative alle ispezioni da parte di uffici fiscali e della Guardia di Finanza.
Le norme sullo statuto costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente da leggi speciali.
Le norme dette, anche essendo norme ordinarie, sono da considerarsi paracostituzionali, in quanto attuativi di norme costituzionali, potendo assicurare la prevalenza di suddetti principi in caso di conflitto con altre norme ordinarie.
I principi dello Statuto sono assimilabili a quelle delle preleggi al codice civile, la cui portata generale ha consentito che le disposizioni in esso contenute siano generalmente ritenute applicabili a tutto l’ordinamento, anche se anteriori nel tempo alla carta costituzionale.
Paragonabili all’art 12 delle preleggi (riguardo i dubbi interpretativi), i principi generali dell’ordinamento tributario, in forza dei principi costituzionali di cui sono attuazione, sono destinati non solo ad orientare l’ermeneuticità ma anche assicurare la coerenza della produzione giuridica in campo tributario.
L’articolazione della legge 212 del 2000 può inquadrarsi in 3 tipologie rilevanti: disposizioni sulle norme tributarie, disposizioni sugli atti dell’amministrazione, disposizioni a tutela del contribuente.
1) Disposizioni sulle norme tributarie
La legge 212/2000 consente la deroga o la modifica delle disposizioni di legge solo con disposizione espressa e mai con leggi speciali, consente l’adozione di norme interpretative solo in casi eccezionali e con legge ordinaria.

In questo contesto, la prima esigenza dello statuto esprime è quella della chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie. La realizzazione di tale fine deve avvenire attraverso una produzione legislativa che dovrà menzionare l’oggetto del titolo e la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli dovrà menzionare l’oggetto delle disposizioni contenute.
Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario.
A garanzia del contribuente e per la certezza dei rapporti giuridici, si è fissato il principio di retroattività della efficacia delle norme tributarie.

o Le modifiche relative a tributi periodici siu applicano al periodo di imposta successivo a quello in corso alla data della loro entrata in vigore

o Le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti prima che siano trascorsi 60 gg dalla loro entrata in vigore

o I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

2) Disposizioni sugli atti dell’amministrazione
Si è previsto che la stessa amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria anche curando La predisposizione di testi coordinati ed utilizzando i moderni strumenti di comunicazione elettronica.
Deve essere garantita una conoscenza effettiva degli atti destinati al contribuente (art. 6) comunicando gli stessi nel luogo di effettivo domicilio del contribuente o nel luogo ove il contribuente ha domicilio speciale, provvedendo con modalità idonee ad assicurare la privacy del contribuente stesso.
Si conferma l’esigenza che tutti gli atti dell’Amministrazione finanziaria debbano essere motivati indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che li hanno determinati e dovranno indicare l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni sull’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento.
3) Disposizioni a tutela del contribuente
a. La tutela patrimoniale
Lo statuto interviene anche sulla tutela dell’integrità patrimoniale del contribuente, specificando i rapporti dello stesso con l’amministrazione per ogni problematica di pagamento. Prevede infatti, vista la possibilità che i rapporti fisco contribuente possano consistere in rispettive situazioni di credito e di debito, che l’obbligazione possa essere estinta anche per compensazione.
b. La tutela dell’affidamento e della buona fede e gli strumenti di garanzia
I rapporti devono essere improntati ai principi di collaborazione e della buona fede (art.7).
Ai doveri dell’amministrazione verso il contribuente, si aggiunge un importante istituto, l’interpello, di cui parte attiva è il contribuente stesso il quale, ove vi siano obiettive condizioni di incertezza nell’interpretazione di disposizioni tributarie ad un proprio caso concreto, può richiedere per iscritto all’amministrazione chiarimenti applicativi.
Il garante del contribuente è un organo collegiale che opera, in piena autonomia, anche sulla base di segnalazioni scritte dei contribuenti o di qualsiasi soggetto interessato, che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria.
Individua i casi in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano un pregiudizio degli stessi e li segnala al direttore regionale o compartimentale o al comandante di zona della Guardia di finanza competente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare.
c. Le garanzie per le verifiche fiscali
L’arco delle garanzie del contribuente, si completa nelle previsioni dello statuto, anche per i casi di verifiche fiscali. Gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali devono essere effettuate sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo; il loro svolgimento deve essere svolto durante l’orario di esercizio delle attività e la permanenza degli accertatori non potrà superare i 30 gg.
Al momento di inizio verifica, il contribuente dovrà essere compiutamente informato dei diritti e degli obblighi che gli sono riconosciuti in occasione della verifica stessa e le operazioni svolte dovranno essere riportate nel processo verbale.

4) La riforma del sistema fiscale statale di cui alla L. n. 80 del 2003
Legge del 7 aprile 2003 n.80.
La parte generale avrebbe dovuto delineare i principi che caratterizzeranno il nuovo sistema fiscale (es. principi di legalità, capacità contributiva, uguaglianza e adeguare le norme fiscali ai principi comunitari).
Inoltre, la disciplina dell’obbligazione fiscale doveva prevedere principi e regole comuni a tutte le imposte, in ordine a dichiarazione, accertamento e riscossione; dovevano essere minimizzati i sacrifici del contribuente nell’adempimento degli obblighi fiscali; la sanzione fiscale amministrativa doveva trovare applicazione sul soggetto che aveva tratta beneficio dalla violazione; la sanzione fiscale penale doveva trovare applicazione solo nei casi di frode e di effettivo e rilevante danno per l’erario.
La parte speciale doveva essere articolata su 5 imposte: IRE, IRES, IVA e imposta su servizi e accise.
L’IRE avrebbe dovuto avere solo 2 aliquote del 23% e 33% con un sistema adi deduzioni discendenti al crescere del reddito per assicurare la progressività del prelievo ed un’aliquota unica per la tassazione dei proventi finanziari.
Per l’IRES si ha una caratterizzazione dell’applicazione di un’aliquota unica del 33%.
L’Iva doveva essere razionalizzata particolarmente in ordine alla progressiva eliminazione delle ipotesi di in detraibilità, ai regimi speciali e alla semplificazione degli adempimenti.
Infine anche le accise dovevano essere riformulate per una migliore armonizzazione con le direttive comunitarie in materia di fabbricazione e con l’IVA.
A 3 anni dalla riforma il cammino della stessa sembra inesorabilmente interrotto e compromesso.

Classificazione e struttura dell'imposta

Classificazione - Le imposte sono distinte in imposte dirette e imposte indirette. Le prime colpiscono una manifestazione immediata (o diretta) della capacità contributiva, come il patrimonio (terreni e fabbricati) ed il possesso di un reddito.
La categoria delle imposte dirette statali viene a coincidere con quella delle imposte sui redditi (IRE imposta sul reddito, IRES imposta sul reddito della società) vanno distinte in imposte personali ed imposte reali. L’imposta personale per eccellenza è l’imposta sulle persone fisiche (IRPEF) in via di sostituzione con l’imposta sul reddito (IRE).
Le imposte indirette invece riguardano manifestazioni mediate della ricchezza. Esse pertanto colpiscono una manifestazione indiretta della ricchezza come il trasferimento e il consumo. Le imposte indirette si distinguono in imposte sui trasferimenti, imposte sugli affari e imposte sui consumi.
Nella determinazione dell’imposta reale si tiene conto di elementi che riguardano la produzione del reddito, come ITAP. L'IRES è un’imposta personale in quanto la tassabilità di una società o un ente nel territorio di uno Stato si basa sul criterio di residenza.
Possiamo enunciare un'ulteriore suddivisione impositiva : la distinzione tra imposte eriali e imposte locali che si basa sul soggetto attivo del tributo. Nelle prime infatti è soggetto attivo lo Stato, mentre nelle seconde è soggetto attivo un ente locale.
Di particolare rilievo è la distinzione tra imposte fisse, proporzionali e progressive. È imposta fissa quella determinata dalla legge nel suo preciso ammontare. L'imposta proporzionale si applica in misura percentuale e non cambia col variare della base imponibile. L’imposta progressiva è quella che varia in maniera crescente con l’aumentare della base imponibile. La progressività del prelievo è determinata con la previsione di aliquote crescenti con l’aumentare della base imponibile (es. IRPEF).


Struttura dell'imposta - L’imposta può definirsi come una quota parte (aliquota) di una somma determinata (imponibile) che un soggetto passivo (presupposto soggettivo) deve corrispondere ad un soggetto attivo (ente pubblico) al verificarsi dell’ipotesi prevista dalla legge (presupposto oggettivo) cui è collegato il tributo.
Elementi strutturali dell’imposta sono: l'elemento soggettivo (soggetto passivo) e l'elemento oggettivo fatto economico espressione di capacità contributiva), la base imponibile (ammontare determinato oggetto d’imposta) e l’aliquota.
In base al principio della legalità art. 23 Cost., l’imposta deve essere sufficientemente determinata dalla legge nei suoi elementi essenziali, mentre per gli altri elementi può rinviarsi al potere regolamentare dell’ente impositore.
I fatti economicamente rilevanti sotto il profilo della tassazione sono essenzialmente il patrimonio, il reddito, il trasferimento ed il consumo della ricchezza.
Il presupposto è l’elemento oggettivo della fattispecie, che differenzia l’imposta dalle altre prestazioni obbligatorie.
I soggetti passivi sono le persone fisiche, giuridiche, gli enti non riconosciuti, i sostituti e i responsabili d’imposta. Figure particolari di soggetti passivi non contribuenti sono il sostituto d’imposta e il responsabile d’imposta. Il sostituto può definirsi come il soggetto obbligato al pagamento di imposte in luogo d’altri; egli sopporta definitivamente il carico fiscale in quanto il sostituto ha l’obbligo di rivalsa nei suoi confronti.
Il responsabile d’imposta è invece il soggetto obbligato al pagamento insieme ad altri, per situazioni o fatti esclusivamente riferibili ad altri.

Il Diritto Tributario

Il diritto tributario studia il sistema dei tributi. Esso può definirsi il complesso di norme e principi che attengono all’istituzione e attuazione dei tributi; la scienza delle finanze invece, studia le entrate e le uscite dello Stato dal punto di vista economico, quindi riguarda la gestione del patrimonio statale.

Il tributo consiste in un’entrata coattiva la cui obbligatorietà e imposta per legge con atto autoritativo, senza cioè che vi concorra la volontà dell’obbligato contribuente. Nell’ambito dei tributi noi distinguiamo l’imposta, la tassa e il contributo.

L’imposta è una prestazione finalizzata a soddisfare i servizi pubblici generali e indivisibili (difesa, ordine pubblico…), mentre la tassa consiste nella quota parte richiesta di costo di servizi particolari e divisibili (tasse scolastiche). Il contributo infine consiste in una prestazione patrimoniale derivante da un particolare vantaggio ottenuto da determinati contribuenti per il compimento di opere pubbliche destinate alla collettività.

Presupposto dell’imposta è un atto o un fatto posto in essere dal soggetto passivo senza alcun collegamento con una determinata attività o servizio dell’ente pubblico. La tassa, invece, che è sempre un’obbligazione imposta dalla legge, ha il suo presupposto in un atto o un’attività dell’ente pubblico nell’espletamento di un servizio pubblico di cui il soggetto passivo fluisce. Il contributo infine, ha come presupposto l’arricchimento o il vantaggio di determinati soggetti passivi di seguito all’esecuzione di un’opera pubblica destinata alla collettività.

In rapporto con altri diritti si ha: col diritto privato va rilevato che il presupposto di fatto dei vari tributi è di regola preso da istituti privatistici; col diritto pubblico si osserva che la Carta costituzionale fissa i principi basilari dell’imposizione fiscale, come la capacità contributiva (art 53); relativo al diritto amministrativo, il procedimento tributario rientra nella disciplina del procedimento amministrativo; il diritto penale tributario studia i reati tributari.

Il processo tributario si svolge davanti la commissione tributaria secondo regole riprese dal diritto processuale civile. In riferimento al processo tributario penale, esso si svolge presso il tribunale secondo le regole proprie del codice processuale di rito.