venerdì 26 settembre 2008

I regolamenti e le direttive

La necessità dell’armonizzazione dei sistemi fiscali viene perseguita attraverso fonti di produzione normativa comunitaria specifiche. In tal senso, si ritiene che il diritto dell’Unione Europea costituisca un vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, separata da quello degli altri stati membri e che già le disposizioni contenuti nel Trattato istitutivo della CE sono fonti primarie del diritto comunitario.

Esistono inoltre fonti che potremmo definire derivate. In particolare, il regolamento ha portata generale, esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Per quanto riguarda, invece, le direttive, va rammentato che si tratta di atti normativi indirizzati agli stati membri, per mezzo dei quali si intende rendere omogenee le legislazioni dei diversi paesi.

Proprio la diretta efficacia prevista per i regolamenti legislativi dei singoli Stati membri, con capacità innovativa degli stessi comporta che essi producano effetti immediati in ciascuno stato e la loro violazione comporta una tutela immediata innanzi al giudice nazionale.

Le direttive comportano invece un obbligo di adeguamento della legislazione nazionale, attraverso atti normativi interni di recepimento. L’importanza di tale fonte del diritto, è di tutto rilievo in materia di IVA con la direttiva 77/388 del 1977, successivamente modificata e integrata con la direttiva 91/680 che elimina il controllo fisico delle merci alle frontiere e introduce il regime transitorio degli scambi intracomunitari e la direttiva 92/77 che dispone in merito ad una maggiore uniformità tra le aliquote applicate.

Con il decreto legge 331/93 convertito in legge 427/93, il legislatore italiano ha recepito le richiamate direttive ed in particolare introducendo il regime transitorio dell’IVA comunitaria che dovrebbe portare al regime definitivo basato sul principio della tassazione IVA non più nel paese di destinazione del bene, bensì in quello di origine.

Riguardo la garanzia del recepimento negli stati membri si hanno 2 diverse ipotesi:

la prima si verifica quando le direttive contengono in prescrizioni incondizionate, sono puntualmente determinate in tutti gli elementi, ma non sono state recepite nei termini stabiliti. Si ha così la diretta applicabilità anche all’ordinamento interno (direttive self-executing).

la seconda ipotesi si verifica quando le direttive recepite non hanno i caratteri sopramenzionati, in tale eventualità si ravvisa una responsabilità degli stati inadempienti nei confronti dei singoli che abbiano avuto danno alla mancata attuazione.

Si può verificare che in caso di conflitto tra una disposizione comunitaria direttamente applicabile e una norma interna con essa incompatibile, secondo la sentenza del 1975, la Corte Costituzionale affermava per la prima volta la prevalenza del diritto comunitario su quello interno, in base alla considerazione che vi fosse un trasferimento di competenza a favore degli organi comunitari conforme all’art. 11 Cost.

Nell’1984 la Corte Costituzionale afferma la prevalenza del diritto comunitario su quello interno, sostenendo essere sufficiente la disapplicazione della norma interna incompatibile da parte del giudice ordinario.

Di contro la Corte di Giustizia accoglie la concezione monista secondo la quale la norma comunitaria direttamente applicabile entra a far parte dell’ordinamento giuridico degli stati membri e lo integra prevalendo sulle norme interne in quanto ritenuto di rango superiore; di conseguenza non è possibile che l’ordinamento interno possa produrre norme incompatibili o confliggenti con quelle comunitarie.

L’art. 10 prevede che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme internazionali generalmente conosciute. Di contro, l’art. 11 prevede che l’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.

Più appropriato è parso il riferimento all’art. 11 Cost. ritenendosi la corrispondenza tra il richiamato precetto costituzionale e le finalità ed i principi ispiratori delle CE. Tale prevalenza di ordinamento, allo stato potrebbe comunque trovare un limite nei principi fondamentali, come tali inderogabili, dalla Costituzione Italiana

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