giovedì 18 settembre 2008

Il principio di non discriminazione

Il principio di non discriminazione è sancito dagli art. 12 e 13 Trat. UE ed è apparso, per la Corte di Giustizia, lo strumento privilegiato per dilatare la sfera delle competenze comunitarie anche a materie non ricomprese nel Trattato, tra cui spicca quello della fiscalità diretta. Tale principio contiene un contenuto molto simile a a quello del principio di uguaglianza giuridica pertanto possiamo intendere che anche le disparità di trattamento fiscali possono ricadere nell'art. 12. Vengono rese applicabili anchegli strumenti normativi del successivo art. 13 Trat. UE, il quale autorizza il Consiglio, con deliberazione all'unanimità su proposta della Commisione e parere del Parlamento, ad adottare qualsiasi azione appropriata per combattere le discriminazioni (sesso, origini raziali o etniche, orientamenti sessuali, ecc...). Quindi tale principio ha aperto la strada all'Unione Europea per intervenire anche in materia di imposte dirette.
La Corte ha ampliato l'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 12 estendendo la nozione di trattamento discriminatorio non solo alle dicriminazioni effettuate fra cittadini e stranieri ma anche a quelle tra residenti e non residenti in relazione alla materia fiscale, però senza giungere ad una posizione discriminatoria per la doppia imposizione internazionale. La Corte ha motivato tale suo risentimento poichè non può intervenire a limitare siffata podestà amministrativa, in quanto qualsiasi limitazione si tradurrebbe in un atto di ingerenza nei confronti degli Stati.
Ne deriva una conseguenza contradittoria : il principio di non discriminazione impone agli stati di non effettuare discriminazioni sui non residenti rispetto i non residenti (o altri criteri equivalenti) e allo stesso tempo non potendo condizionare la potestà normativa degli stati non può impedire loro di introdurre normative convenzionali discriminatorie.
Residenti e non residenti - Il principio di non discriminazione non nutre dubbi in relazione alle disparità di trattamento realizzate per i soggetti non residenti, è dubbia l'applicabilità del proincipio ai soggetti residenti. Come ha ribadito la Corte in diverse sentenze, tale principio non esclude una disparità di trattamento a danno dei propri residenti, al fine di incentivare l'ingresso di capitali e investimenti provenienti dall'estero. E pertanto il principio tutela solamente la non discriminazione per i soggetti che si trovano per svariati motivi nel territorio di uno Stato membro (favor legis per i soggetti non residenti). Ma in tal modo l'approccio della Corte di giustizia appare essere contraddittorio nei confronti dello spirito con la quale è nata e su cui si fonda l'Unione Europea, come se la Corte stessa ostacolasse l'attuazione dei suoi principi ispiratori. In conclusione si può ritenere che al principio di non discriminazione si dovrebbe riconoscere una portata soggettiva generale e pertanto debba essere applicato sia in favore dei cittadini sia in favore degli stranieri, poichè non si può escludere da tale beneficio coloro che risiedono nel proprio paese in cui sono nati.
Cause di giustificazione della disparità di trattamento - In presenza di particolari interessi statali da salvaguardare sono ammissibili delle deroghe al principio di non discriminazione. GLi interessi meritevoli di tutela, in partcolar modo, possiamo distinguerle in cause di giustificazione tipiche (moralità pubblica, ordine pubblico, salvaguardia della saluta e dei diritti umani, ecc...) e cause di giustificazione atipiche (salvaguardia delle norme costituzionali).
Possiamo menzionare altre due cause di giustificazione : la coerenza fiscale e la garanzia efficace dei controlli tributari. La prima è stata elaborata dalla Corte come una contromisura contro le pratiche di risparmio fiscale che sfruttando la diversità di legislazioni nazionali riescono ad ottenere un salto d'imposta. La garanzia efficace dei controlli tributari è stata istituita per prevenire a pratiche elusive o evasive delle normative tributarie nazionali.
Quando la Corte accerta una discriminazione vietata da uno Stato membro - Alla Corte spetta solamente l'accertamento della sussistenza della siscriminazione, che qualora ci sia pronuncia sentenza di condanna dello Stato interessato a modificare la propria legislazione in conformità del disposto della sentenza. Qualora lo Stato non rispetti la sentenzdi adeguamento del proprio ordinamento si configura a suo carico una responsabilità giuridica che può tradursi da parte dell'ordinamento in sanzioni indirette di varia natura.
Le imposte indirette - Con l'Unione Europea è stata creata una zona doganale di libero scambio ed un'unione economica e monetaria in cui il valore supremo è quello della neutralità delle movimentazioni economiche del territorio comunitario nell'interesse dei cittadini comunitari. Da ciò ne deriva un'estensione delle competenze dell'Unione Europea alla regolamentazione della materia delle imposte indirette che incidono sugli scambi all'interno del territorio comunitario.

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