venerdì 26 settembre 2008

L'armonizzazione dei sistemi fiscali

Tra le fonti produttive di norme in materia tributaria, devono essere ormai considerate anche le fonti comunitarie. Tale considerazione nasce dall’analisi dello stesso sistema fiscale italiano così come integrato con il sistema fiscale dell’ordinamento comunitario e trova una diretta conferma legislativa nell’art. 2 della L. 80 del 2003 secondo il quale le norme fiscali si adeguano ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e non pregiudicano l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia.

Si discute in dottrina se le Comunità Europee possano essere considerate alla stregua di ordinarie organizzazioni internazionali o se invece possano considerarsi la base di uno stato federale. La Corte di Giustizia europea con sentenza del 1963 ha individuato nell’ordinamento comunitario come un ordinamento di nuovo genere, caratterizzato dal fatto di riconoscere quali soggetti non solo gli stati membri ma anche i loro cittadini.

Vanno evidenziate le particolari caratteristiche di indipendenza degli organi istituzionali comunitari rispetto ai governi nazionali e la possibilità di adottare decisioni applicabili direttamente nei confronti sia degli Stati membri che dei loro cittadini.

In ordine alle finalità, l’Unione si prefigge la promozione del progresso economico e sociale equilibrato, mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria attraverso la moneta unica, nonché una politica di difesa comune (PESC) e creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone.

Attesa la primaria importanza proprio dei profili di armonizzazione dei sistemi fiscali, occorre sottolineare che le disposizioni del Trattato istitutivo della Comunità europea che si occupano espressamente di tematiche fiscali sono poche. Si deve far riferimento in particolare agli artt. 90, 91, 92 e 93.

  1. L’art. 90 vieta agli Stati membri di applicare, direttamente o indirettamente, ai prodotti provenienti da altri stati membri, una imposizione maggiore di quella che viene applicata ai prodotti nazionali similari.
  2. L’art. 91 vieta l’agevolazione delle esportazioni in altri stati membri, vieta cioè di consentire per i prodotti esportati nel territorio di uno degli Stati membri, benefici consistenti nel ritorno di imposizioni interne, superiore a quelle ad essi applicate direttamente o indirettamente.
  3. L’art. 93 prevede espressamente che il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, su delibera adotta le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni relative all’imposta sulla cifra di affari, alle imposte di consumo ed ad altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per instaurare e frazionare il mercato interno.

Manca una eguale attenzione alle tematiche relative le imposte dirette: segno evidente della diffidenza degli Stati membri a cedere questo settore della propria sovranità. L’unico riferimento di un certo rilievo alla fiscalità diretta è rivenibile nell’art. 293 del Trattato CE; tale disposizione sollecita una negoziazione tra Stati al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione fiscale con riferimento ai cittadini della Comunità. In questa disposizione si è rilevato come vanga confermata l’intangibilità della disciplina fiscale in materia di imposte dirette essendo sancito che l’unico potere in merito alla Comunità sarebbe quello di sollecitare accordi degli Stati membri, ma non di poter intervenire a disciplinare autoritativamente il settore.

L’art. 94 recita: il Consiglio stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. Infatti, l’autonomia degli Stati in materia di imposte dirette potrebbe essere un ostacolo rilevante proprio nell’attuazione del mercato unico. In tale disposizione si può arrivare ad affermare la legittimazione della Comunità ad intervenire legislativamente anche in materia di imposte dirette.

Si tratta del c.d. principio della sussidiarietà, secondo il quale laddove non sia prevista una specifica ed esclusiva potestà normativa degli organi legislativi comunitari, questi possano intervenire solo laddove questo si renda necessario per raggiungere gli scopi stabiliti nel Trattato.

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