martedì 27 ottobre 2009
Divieto generale di discriminazione in base alla nazionalità
- considerare caso per caso la singola normativa statale nella sua applicazione e nei suoi effetti giuridici per stabilire le conseguenze che possono derivare dalla sua applicazione (giudizio preliminare di valutazione della fattispecie)
- considerare il tertium comparationis, ossia la fattispecie diversa da quella sospettata di essere discriminatoria, in relazione alla quale potrebbe configurarsi la discriminazione (giudizio di comparabilità della fattispecie) → si ricercano le ragioni che hanno spinto il legislatore a dettare una disciplina diversa per determinate fattispecie
in caso di esito positivo del giudizio di comparabilità occorre considerare la disparità di trattamento introdotta dal legislatore nazionale ostacoli un obiettivo comunitario. Si effettua un giudizio tra due normative configgenti: quella statale e comunitaria. (giudizio di comparabilità delle norme discriminanti con le norme comunitarie)
- L’ultima fase è volta ad accertare, una volta acclarata che la disparità di trattamento non è comparabile con il diritto comunitario, se ci possono essere delle valide e ragionevoli cause per differenziare il regime giuridico del legislatore statale (cause di giustificazione della disparità di trattamento)
Se in questa fase si riveli giustificata la disparità di trattamento può definirsi (non una discriminazione vietata) una disparità di trattamento non discriminatoria. Questa è un’applicazione particolare del principio di proporzionalità, in quanto se c’è una disparità di trattamento in ragione di particolare interessi dello stato che possono giustificare la disciplina normativa, l’interprete deve effettuare un giudizio di bilanciamento degli interessi contrapposti. In dottrina si parla anche di giudizio di ragionevolezza per esprimere l’ampia discrezionalità di cui gode l’interprete nella valutazione degli interessi contrapposti.
Si potrebbe affermare che a prevalere debba essere sempre l’interesse comunitario in virtù del principio generale del primato del diritto comunitario sul diritto statale ma non è così poiché si tratta di valutare se nel singolo caso concreto debba prevalere la realizzazione di un obiettivo comunitario ostacolato dalla discriminazione.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia le discriminazioni vietate sono anche quelle potenziali che potrebbero insorgere in futuro a causa dell’esistenza di una determinata normativa.
Gli obiettivi generali dell'Unione Europea
• Obiettivi economici generali, mercato comune ed unione economica e monetaria, sviluppo economico, contrastare la crescita dell’inflazione, favorire la concorrenza, convergenza dei sistemi economici e fissare un alto livello di occupazione in tutta l’unione.
• Obiettivi economici particolari, ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri in tutte le materie di competenza concorrente o dettare norme comuni nelle materie di competenza esclusiva comunitaria (creare uno spazio comune di libero scambio eliminando dazi doganali e restrizioni o tasse.
• Obiettivi sociali, favorire un ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri nelle materie di competenza concorrente, favorire pari opportunità tra uomini e donne, favorire la coesione sociale e la solidarietà, migliorare il tenore di vita delle persone.
• Obiettivi di cooperazione, favorire la cooperazione degli stati membri con gli stati terzi in materia economica e commerciale, favorire l’associazione con i paesi d’oltremare, favorire la cooperazione tra gli stati membri in materia di politica estera, sicurezza interna e difesa e amministrazione della giustizia.
• Garanzia delle quattro libertà fondamentali
Garantire e favorire il rispetto all’interno del territorio della libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali sopprimendo tutti gli ostacoli e le misure discriminatorie.
lunedì 26 ottobre 2009
Il principio generale di proporzionalità (necessity clause)
Il principio generale di sussidiarietà
Il metodo generale del Global Approch
Il principio della separazione dei poteri
La potestà legislativa → esercitata dal Consiglio (ma in alcuni casi può essere esercitata anche dalla Commissione o dal Parlamento) (coodecisione legislativa)
La potestà amministrativa → compete alla Commissione europea ma per alcune attribuzioni anche ai Comitati o Commissioni appositamente istituite.
La potestà giurisdizionale → o di controllo sull’operato degli altri organi è esercitata dalla Corte di Giustizia e dal Tribunale, ma per alcune attribuzioni anche dalla Corte dei Conti, dal Parlamento e perfino dalla Commissione.
Il principio generale di attribuzione
Tal testo del Trattato UE si può desumere il seguente scenario istituzionale:
• Le 3 funzioni fondamentali a cui si rivolge l’azione dell’Unione europea → attribuzioni comunitarie esercitate in via esclusiva dagli organi comunitari:
- assicurare il corretto funzionamento del mercato comune e in particolare dell’Unione economica e monetaria (UEM) esecutiva dal 1992 e rafforzata con l’introduzione dell’euro dal 1999;
- garantire nel mercato comune lo svolgimento delle relazioni economiche basate sulla libera e giusta concorrenza tra i diversi operatori economici (principio del libero mercato) e contrastare tutte le pratiche volte ad alterare la giusta concorrenza (pratiche abusive di concorrenza sleale)
- tutelare la libera circolazione e stabilimento nel territorio comunitario delle persone, merci, dei servizi e dei capitali (4 libertà fondamentali dell’Unione)
• ci sono dei settori strategici riservata alla competenza degli organi comunitari (agricoltura, trasporti, rete transazionale, politica commerciale, politica monetaria e valutaria, cooperazione commerciale con i paesi d’oltre mare.
• La maggior parte delle materie devolute all’UE rientrano solo in parte nelle attribuzioni degli organi comunitari poiché in tali materie la competenza dell’Unione concorre con quella degli Stati. (materie di competenza concorrente: politica economica, protezione dei consumatori, energia, turismo, lavoro, immigrazione, protezione civile, sanità, sviluppo…)
• Ci sono una serie di compiti devoluti agli organi comunitari che non sono attribuzioni istituzionali ma poteri di promozione alla cooperazione fra gli stati membri. E sono 4 settori di attività: promozione della politica estera comune degli stati membri verso stati terzi, difesa esterna dell’UE, promozione della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni degli Stati membri.
I principi generali del diritto tributario comunitario
Il diritto tributario comunitario si ispira a diversi principi generali che ne costituiscono il nucleo fondamentale, desunti dall’impianto normativo del diritto comunitario.
Mentre nel diritto tributario internazionale quelli che sono definiti “principi generali del diritto tributario internazionale” acquistano un’autonomia giuridica nel sistema delle fonti di tale branca del diritto, invece “i principi generali del diritto tributario comunitario” non sono un’autonoma fonte del diritto comunitario diversa dalle altre, ma essendo contenute nel Trattato UE acquistano la stessa efficacia del trattato istitutivo collocandosi al vertice delle fonti del diritto comunitario. (principi o norme di rango costituzionale).
Struttura organizzativa dell’UE e delle attribuzioni funzionali degli organi comunitari → gli organi comunitari che potenzialmente possono intervenire in materia tributaria sono tre: il Consiglio, la Commissione e la Corte di Giustizia. Nessuno di essi ha potestà tributarie e neppure esistono organi istituzionali dell’UE in grado di esercitare poteri assimilabili a quelli degli stati membri. (se non in occasioni di conferenze internazionali).
Poteri degli organi comunitari → semplici attribuzioni conferite all’organizzazione internazionale che essi rappresentano per volontà degli stati che vi aderiscono ed in funzione degli scopi perseguiti dall’organizzazione internazionale. (poteri derivanti o attribuiti per volontà degli stati).
Devoluzione dei poteri autoritativi agli organi comunitari → corrispondente limitazione dei poteri sovrani degli stati (c.d. autolimitazione di sovranità) giustificata alla natura delle organizz internaz che non si pongono in contrasto con i fini istituzionali dei singoli stati. Tale autolimitazione di sovranità si estrinseca sia in comportamenti passivi degli stati che consentono il libero esercizio dei poteri devoluti agli organi comunitari (acquiescenza) e sia in comportamenti positivi degli stati finalizzati a dare attuazione agli obblighi comunitari o collaborazione in vista di obiettivi comunitari (cooperazione). La legittimazione dei poteri autoritativi riconosciuti agli organi dell’UE è relativa all’investitura manifestata dagli stati e non ci sarebbe bisogno di una investitura popolare se non fosse per la lontananza degli organi comunitari dalle singole collettività popolari (diffidenza del popolo verso l’esercizio dei poteri autoritativi da parte di organi scelti direttamente su base popolare). Per tale motivo anche l’ordinamento comunitario ha dovuto riconoscere il principio generale di democraticità come fondamento ultimo ed originario della propria legittimità→ esso trova espressione nell’elezione a suffragio universale dei componenti del Parlamento europeo, organo supremo dell’UE con potere amministrativo e normativo degli altri organi comunitari non eletti a suffragio universale ma designati dai Governi degli stati membri.